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I corpi di Pompei cosa ci raccontano 

Curiosità

Cosa ci raccontano i corpi scavati a Pompei o per meglio dire i calchi realizzati a Pompei? 

Ebbene si, perchè i corpi ritrovati in questo luogo e da molti interpretati come corpi pietrificati dalla lava del Vesuvio, in realtà sono calchi in gesso realizzati dagli archeologi durante le loro scoperte. 

Ma ricostruiamo tutto con calma cercando di capire cosa è successo. 

Pompei, come in molti sanno, fu distrutta da una violentissima eruzione del Vesuvio di tipo esplosivo nel 79 d.C, raccontata nelle lettere di Plinio il Giovane.

L’eruzione durò all’incirca 3 giorni. 

Il primo giorno Pompei venne completamente sommersa con circa 3 metri di cenere e lapilli, che ricoprirono interamente la città. Durante questa fase eruttiva, numerosi abitanti che non si erano allontanati in tempo dalla città morirono.  O intrappolati negli ambienti invasi da pomici e lapilli o investiti dai crolli dei tetti delle proprie case provocati dal peso del materiale eruttivi. Di queste vittime si sono rinvenuti soltanto gli scheletri.

Il secondo giorno sembrava che l’eruzione si fosse arrestata, ma riprese improvvisamente con l’arrivo del potente flusso piroclastico. Precisamente Pompei venne colpita con 6 ondate di flusso piroclastico, che provocarono morte e devastazione. 

Il flusso caratterizzato da cenere, vapore acqueo a 400° e gas travolse tutte le città alle pendici del Vesuvio tra cui Pompei. 

Durante questa fase i Pompeiani che non riuscirono a scappare inizialmente, furono travolti dal flusso rimanendo imprigionati per sempre lì in quel luogo. Nella posizione esatta in cui trovarono la morte. 

Ciò a seguito della cenere che si compattò attorno ai loro corpi lasciando l’impronta perfetta dopo la decomposizione. 

Questa dinamica dell’eruzione che colpì in particolare Pompei, a differenza delle altre città vesuviane, rese possibile la realizzazione dei famosi calchi di Pompei. 

Dove trovare i calchi a Pompei e come erano fatti? Scoprilo nel nostro articolo, clicca sul link: CALCHI DI POMPEI.

La rivoluzione nella storia delle vittime

I calchi furono eseguiti per la prima volta su corpi umani da Giuseppe Fiorelli nel 1963. L’archeologo riuscì ad eseguire all’incirca 100 calchi di persone, molti dei quali sono andati distrutti durante i bombardamenti della seconda guerra mondiale. 

Grazie ad essi è stato possibile ricostruire parte della storia degli abitanti di Pompei, ma una recente analisi eseguita su questi resti ha rivoluzionato completamente la loro storia. 

Un team di ricerca internazionale, infatti, ha esaminato i resti ossei intrappolati nel gesso, mediante tecniche mini invasive su 14 degli 86 calchi presenti nel sito. Ma solo su 5 corpi è stato possibile ottenere dei dati precisi, ciò a causa del gesso che aveva invaso gli elementi organici dei corpi.

L’indagine, ha permesso di identificare con precisione le relazioni genetiche e il sesso di questi uomini, donne e bambini, arrivando ad una scoperta sensazionale. E smentendo le considerazioni che erano state fatte fino ad oggi su questi corpi. 

I corpi ritrovati nella casa del Bracciale D’oro

Un’importante rivelazione è provenuta dalla casa del Bracciale d’Oro in cui furono ritrovati i corpi di quattro individui uno vicino agli altri, ritenuti da sempre un’intera famiglia. 

Si pensava, infatti, che uno di loro fosse una donna con indosso un bracciale d’oro e il proprio il bambino seduto sulla pancia. Accanto a lei un uomo (considerato il padre) con un altro bambino piccolo. 

Ma lo studio del loro DNA ha riportato alla luce una realtà completamente diversa da quella che si pensava. 

Non solo è stato dimostrato che questi individui non avevano fra loro alcun legame di parentela. Ma è emerso anche che il corpo col bracciale e il bambino in braccio, non era una donna bensì un uomo. Che aveva capelli e pelle nera e che non aveva alcun legame biologico con il bambino. Una realtà sorprendente quindi che ha rivoluzionato completamente la loro storia. 

Ma non solo un’altra importante testimonianza è provenuta dalla casa del criptoportico, qui furono ritrovati due corpi che si stringevano in un tenero abbraccio e da sempre considerate come due sorelle o come una madre e una figlia.

In realtà si è scoperto che, almeno uno dei due corpi è un maschio e tra loro non c’è alcuna relazione genetica. Mentre dell’altro corpo non è stato possibile definire il sesso. Anche se si è ipotizzato che si tratti di un uomo e che i due fossero amanti.

Uno studio importantissimo questo del DNA che rappresenta  un primo importante passo in avanti per ricostruire il patrimonio genetico della popolazione pompeiana. 

Grazie ad esso è stato possibile risalire alla discendenza di questi uomini, scoprendo che molti erano di pelle scura e discendevano  da recenti immigrati dal Mediterraneo Orientale. E che quindi a Pompei, nel I secolo, c’erano abitanti provenienti da tutte le province dell’Impero romano.

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