L’eruzione del Vesuvio del 79 d.C. è conosciuta in tutto il mondo come uno dei disastri naturali più devastanti della storia.
L’ evento catastrofico che portò alla distruzione di Pompei, Ercolano, Oplonti e Stabia, ha lasciato un’impronta indelebile. Ma anche un immenso patrimonio contenuto nelle città antiche sepolte dalla violenta eruzione del 79 d.C.
Un’eruzione avvenuta in diverse fasi, che è stata definita dagli esperti come eruzione Pliniana. In riferimento alla lettera scritta da Plinio il giovane, indirizzata all’amico Tacito, in cui descrive dettagliatamente l’eruzione del Vesuvio del 79 d.C. Osservata da quest’ultimo nella villa di Miseno, a 35 Km da Pompei.
L’eruzione del Vesuvio è stata suddivisa dagli esperti in quattro diverse fasi.
La prima fase dell’eruzione del Vesuvio del 79 d.C.
La prima fase dell’eruzione iniziò già diversi anni prima quando il Vesuvio mostrò i primi segni di inquietudine con dei piccoli terremoti.
I primi eventi sismici iniziarono nel 62 d.C. ma non furono associati a un’attività vulcanica. I Pompeiani, infatti, non sapevano di trovarsi ai piedi di un Vulcano, ma pensavano che il Vesuvio fosse un monte.
Prima dell’eruzione, in effetti, quest’ultimo aveva un aspetto completamente diverso. Era alto e ricoperto da una fitta vegetazione, ricca di vigneti e animali selvatici. Quindi la sua conformazione aveva tratto in inganno tutti i cittadini residenti ai suoi piedi che non si erano resi conto del grave pericolo a cui stavano andando incontro.
Nonostante i piccoli terremoti che flagellavano le città vesuviane, queste scosse non erano state interpretate come premonizioni di una catastrofe imminente. Probabilmente se avessero avuto maggiori conoscenze e consapevolezza del pericolo, si sarebbero resi conto del disastro che stava per travolgerli.
La seconda fase: l’esplosione del Vesuvio
La seconda fase, invece, corrisponde all’inizio dell’eruzione.
Era il 24 Ottobre del 79 d.C. quando il Vesuvio esplose con una forza inaudita. Il tappo vulcanico che ostruiva il condotto del cratere si sollevò e una colonna di gas, cenere e lapilli si alzò nel cielo, raggiungendo altezze spaventose fino a 20 metri.
Questa è quella che viene definita dagli esperti come eruzione pliniana. Un’ eruzione violenta, spaventosa, capace di sollevarsi per decine di chilometri ed eruttare materiale vulcanico anche a chilometri di distanza con una forza incredibile. Ed è proprio quella descritta da Plinio il giovane nella sua lettera.
L’eruzione continuò con la caduta della cenere e dei lapilli, che invasero le strade e le case della città di Pompei, coprendola sotto uno spesso strato di materiale vulcanico alto oltre 3 metri.
La caduta delle pomici continuò ininterrottamente fino al mattino seguente, quando arrivò il flusso piroclastico.
La terza fase: il flusso Piroclastico
La terza fase coincide con l’arrivo della nube ardente e l’onda di calore del flusso piroclastico.
Dopo la caduta delle pomici, che si arrestò improvvisamente, Pompei fu travolta dal potentissimo flusso piroclastico, una nube incandescente che arrivava a raggiungere temperature fino a 400°, definita appunta dagli esperti come flusso piroclastico.
Questa massa di gas, vapore acqueo, ceneri e rocce vulcaniche, si mosse rapidamente verso le città circostanti, bruciando e carbonizzando tutto ciò che incontrava lungo il suo percorso. L’onda di calore associata alla nube ardente fu estremamente letale, causando morte e distruzione su vasta scala.
Non solo Pompei venne travolta dal potente flusso piroclastico, ma anche Ercolano che inizialmente era rimasta illesa dalla caduta dei lapilli per la sua posizione alle pendici del Vesuvio.
La quarta fase: la devastazione
L’inferno di fuoco durò all’incirca quattro giorni, poi tutto si arrestò. Questa è l’ultima fase che colpì le città di Pompei, Ercolano, Oplonti e Stabia.
Le città furono completamente sepolte sotto una massa di detriti e abbandonate per secoli, fino al loro ritrovamento archeologico avvenuto molti secoli dopo.
Nonostante la devastazione, la tragedia immane e la morte a cui sono andati incontro i popoli di queste antiche città, l’eruzione del Vesuvio ha lasciato un’eredità importante. Poiché la cenere vulcanica ha preservato gli edifici, le strade e gli oggetti, offrendo oggi preziose informazioni sugli aspetti della vita romana dell’epoca.
Le stesse fasi dell’eruzione possono essere osservate nella visita a Pompei, in cui sono presenti, in alcune zone, la stratificazione perfetta del terreno che dimostra prima la caduta e l’accumulo dei lapilli e poi l’arrivo del flusso piroclastico. Nella tua visita a Pompei chiedi alla tua guida di mostrarti questo particolare aspetto della stratificazione del terreno, saprà guidarti alla scoperta di questo eccezionale particolare.
Ma la domanda che tutti si pongono è se questa immane tragedia potesse essere evitata. Probabilmente se i cittadini Vesuviani avessero avute maggiore conoscenze sulla vera natura del vulcano, in molti si sarebbero salvati. Ma le strade, gli affreschi e le case di queste antiche città sarebbero state ugualmente travolte e sepolte.