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I calchi ritrovati a Pompei

L’orto dei fuggiaschi di Pompei

I calchi ritrovati a Pompei

L’orto dei fuggiaschi di Pompei rappresenta la testimonianza più dura e reale dell’immane tragedia che si abbatté su Pompei quel lontano 24 Ottobre del 79 d.C. 

Qui, infatti, furono ritrovati ben 13 corpi delle vittime della tremenda eruzione che colpì Pompei. 

Quel giorno, intorno alle 13, i Pompeiani furono improvvisamente travolti da una fitta pioggia di cenere e lapilli che iniziò ad eruttare dal Vesuvio. Per loro il Vesuvio era semplicemente un monte e non vulcano e mai avrebbero immaginato che sarebbe esploso con una così tale violenza. 

In poche ore Pompei si ritrovò sommersa prima da una pioggia di cenere e lapilli e poi successivamente travolta da un potente flusso piroclastico. 

I suoi abitanti non ebbero nemmeno il tempo di scappare per mettersi in salvo, molti morirono a seguito della caduta dei tetti delle loro case, altri investiti dal potente flusso piroclastico. Proprio da questo tentativo non riuscito di scappare prende il nome l’orto dei fuggiaschi, ritrovato dopo gli scavi iniziati nel 1748, solo nel 1961. 

La scoperta fu eccezionale e i corpi delle vittime furono ricostruiti grazie al metodo del calco messo a punto dal direttore Giuseppe Fiorelli. 

Come morirono le vittime dell’orto dei fuggiaschi

L’orto dei fuggiaschi sorge nella Regio I, insula 21, in prossimità dell’ingresso di Piazza Anfiteatro. 

Prende il nome dal ritrovamento, avvenuto nel 1961, di 13 corpi delle vittime dell’eruzione del Vesuvio, che tentarono invano di sfuggire alla morte allontanandosi dalle proprie case.  

Prima dell’eruzione, in quest’area sorgevano diverse abitazioni, poi trasformate in uno splendido vigneto, utilizzato per lo svolgimento di banchetti all’aperto. 

Le 13 vittime, probabilmente un intero nucleo familiare, tentarono durante l’eruzione di scampare alla caduta incessante delle ceneri e dei lapilli. Ma vennero travolti da una nube piroclastica ad altissime temperature, che ne causò la morte all’istante per soffocamento e asfissia, cadendo uno accanto all’altra. 

I corpi di donne, uomini e bambini, riprodotti in calchi di gesso, sono oggi visibili all’interno di una teca di protezione presso il muro dell’orto.

La riproduzione è stata possibile grazie al metodo sperimentato dall’allora direttore dei lavori, Giuseppe Fiorelli.

Che ebbe l’intuizione di colare nel masso di cenere che copriva gli scheletri il gesso liquido. Una volta solidificatosi, quest’ultimo, lasciava l’impronta perfetta dei corpi delle vittime e dei loro vestiti, nel momento esatto di agonia e di dolore che vissero nei ultimi istanti della loro vita.