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Il Vesuvio è il più famoso vulcano attivo della storia, simbolo indiscusso della città di Napoli e Pompei. Conosciuto in ogni parte del mondo soprattutto per la sua pericolosità e per le sue catastrofiche eruzioni.

Tra le più popolari e violente eruzioni del Vesuvio vi è quella del 79 d.C. che portò alla distruzione di Pompei, Ercolano, Oplonti e Stabia.

Definita da tutti Eruzione Pliniana perché fu descritta da Plinio il giovane in una lettera indirizzata all’amico Tacito.

Le eruzioni del Vesuvio

Nel corso degli anni si sono susseguite varie eruzioni del Vesuvio, ma da tutti è ricordato e conosciuto soprattutto per l’eruzione del 79 d.C. che portò alla distruzione di Pompei, Ercolano e degli altri paesi vesuviani.

In realtà però prima dell’eruzione del 79 d.C.  ve ne furono altre, anch’esse altrettanto potenti e catastrofiche come quest’ultima.  Ad esempio l’eruzione delle pomici di Avellino, che avvenne esattamente 4 milioni di anni fa e fu antecedente all’eruzione che distrusse Pompei.

Questa fu quella a maggior impatto sul territorio. Cenere e lapilli arrivarono a chilometri di distanza, appunto ad Avellino, da cui prende il nome la famosa eruzione del Vesuvio e provocò fortissimi maremoti nelle aree costiere del Golfo di Napoli.

Successivamente a queste si susseguirono una serie di eruzioni del Vesuvio definite subpliniane.

L’ultima in ordine di tempo è quella avvenuta nel 1944, che distrusse Massa di Somma e San Sebastiano, e cosparse di ceneri Ottaviano e tutto il meridione. Questa eruzione del Vesuvio fu documentata e resa famosa dai cinegiornali Angloamericani che a quell’epoca occupavano la città di Napoli a causa della guerra.

È con l’eruzione del 1944 che il Gran Cono del Vesuvio ha assunto la sua forma attuale, da allora il vulcano è entrato in fase di quiescenza.

L’eruzione del Vesuvio che distrusse Pompei

Era il 24 Ottobre del  79 d.c. e non il 24 Agosto, come inizialmente ipotizzato, quando una violenta eruzione del monte Vesuvio seppellì Pompei sotto uno strato di cenere e lapilli alto da 3 a 6 metri circa. 

Fu grazie alla lettera di Plinio il giovane indirizzata all’amico Tacito che si riuscì a ricostruire ciò che successe in quel terribile giorno a Pompei.

Plinio il giovane si trovava con lo zio Plinio il vecchio nella villa di Miseno a Napoli. Quando furono avvertiti dalla moglie di Plinio il vecchio di quell’enorme fungo di fumo e fuoco che si intravedeva in lontananza.

Plinio il giovane così descriverà ciò che vide:

“Si sollevava una nube, guardando da lontano non era facile capire quale era il punto di origine della nube (poi si venne a sapere che si trattava del Vesuvio). Il fumo aveva la forma di un altissimo pino. In basso era slanciato che sembrava un tronco, poi si allargava in quella che poteva esserne la chioma.”

Secondo la ricostruzione erano all’incirca le 13, quando il tappo che ostruiva il cratere del Vesuvio si ruppe e iniziò incessante una pioggia di cenere e lapilli. In sole cinque ore ricoprì la città di Pompei arrivando fino ad un metro di altezza e provocando i primi crolli.

Alle sei del mattino seguente, i materiali vulcanici arrivarono a raggiungere i 2 metri. Pompei nelle 2 ore successive venne raggiunta da 3 flussi piroclastici, cioè flussi di materiale magmatico e gas ad alte temperature, che provocarono la distruzione di tutta Pompei.

La pioggia di cenere continuò incessante per i successivi 4 giorni per poi arrestarsi.

Molti Pompeiani morirono a seguito delle esalazioni dei gas vulcanici (tra cui Plinio il vecchio), altri vennero investiti dai pomici eruttati e sepolti sotto metri di materiale vulcanico.

L’eruzione del Vesuvio che distrusse Ercolano

L’eruzione del 79 d.c., non distrusse solo la grande e famosa Pompei, ma anche la piccola e rigogliosa cittadina di Ercolano.

A differenza di Pompei, Ercolano era collocata più a valle, in prossimità delle pendici del Vesuvio. Proprio per la sua posizione non fu investita inizialmente dalla pioggia di cenere e lapilli che si abbatté su Pompei. Ma solo successivamente, quando i materiali vulcanici che fuoriuscivano dal Vesuvio incominciarono a collassare su se stessi, Ercolano fu investita da potenti flussi piroclastici ( cenere, gas roventi, e vapore acqueo).

Gli Ercolanesi cercarono di mettersi in salvo già ai primi segnali dell’eruzione che colpì Pompei, tentando di raggiungere il mare affinché qualcuno li  portasse in salvo, ma non arrivò mai nessuno. E la potenza dei flussi piroclastici colpì anche loro. 

La testimonianza più dura della dinamica dell’eruzione è il ritrovamento di migliaia di corpi nelle grandi fornici in prossimità del mare.

Incertezza della data dell’eruzione del Vesuvio del 79 d.C.

Per anni si è creduto che la data dell’eruzione del Vesuvio che distrusse Pompei fosse il 24 Agosto del 79 d.C., ma gli ultimi ritrovamenti hanno messo in discussione tale ipotesi.

Non solo il rinvenimento di una data incisa a carboncino su uno dei muri delle case di Pompei che riporta la data del 17 Ottobre. Ma anche il reperimento sotto la cenere di frutti tipicamente autunnali come fichi secchi, castagne, noci e melagrane hanno fatto propendere che la data ipotetica dell’eruzione sia stata il 24 Ottobre.

I sentieri del Vesuvio

Attualmente il Vesuvio si trova in fase di quiescenza e si presenta come un monte ricco di vegetazione soprattutto sul lato del versante sommese. Per consentire la visita del vulcano il Parco Nazionale del Vesuvio ha realizzato ben 11 sentieri, tutti diversi per tipologia, altitudine, paesaggio e dislivelli. 

Tra i più suggestivi vi è il sentiero della valle dell’inferno che corrisponde esattamente al SENTIERO N. 1 e si trova tra il Monte Somma e il Vesuvio, qui è possibile ammirare i depositi di lava risalenti all’ultima eruzione del 1944.

Successivamente a questo vi è il SENTIERO N. 2 relativo ai cognoli. Uno dei sentieri più selvaggi e panoramici del parco con la presenza di formazioni di lava del Vesuvio a forma di corda.

Non meno suggestivo è il SENTIERO N. 3  relativo al Monte Somma e punta nasone, che rappresenta la vetta più alta del monte. Raggiunta la punta si può godere di uno straordinario panorama a picco verso la valle del gigante, che ospita le colate di lava risalenti all’ultima eruzione del Vesuvio del 1944.

Ovviamente non si può non menzionare il SENTIERO N.5 per la visita al Gran Cono del Vesuvio, attraverso cui è possibile giungere fino alla caldera del vulcano.

E se ci si vuole immergere totalmente nelle colate di lava del Vesuvio bisogna percorrere il SENTIERO N. 9, quello del fiume di lava.

Qui il flusso lavico e i depositi piroclastici sono tinti di grigio argenteo colore del famoso lichene del Vesuvio, che si è formato su di esso. 

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