Visitando Pompei ci si rende immediatamente conto, di come per i Pompeiani, il fallo fosse un simbolo ricorrente. Lo utilizzavano, in ogni angolo della città: scolpito sui muri delle case, sui marciapiedi, sul basolato delle strade, dipinto nelle botteghe e nelle case.
Se da un lato per i Pompeiani il sesso fosse un elemento rilevante, dall’altro il simbolo del fallo per loro non era intenso solo in concezione erotica.
Infatti, mentre le scene erotiche dipinte sui muri del famoso lupanare di Pompei avevano una connotazione appunto sessuale. Legata ad attrarre maggiori visitatori e ad aumentare il loro piacere sessuale mediante la rappresentazione di varie posizioni erotiche.
Dall’altro, il fallo inciso negli spazi pubblici e nelle case, non voleva rappresentare in questo caso un simbolo erotico, ma di fortuna e di ricchezza.
I Pompeiani, infatti, utilizzavano il fallo per tenere lontano il malocchio, la malasorte, l’invidia e le malattie.
Addirittura, veniva indossato sotto forma di amuleto e di ciondolo sia dagli adulti che dai bambini di Pompei.
I simboli fallici di Pompei
I simboli fallici a Pompei venivano riprodotti sui muri, sui marciapiedi (per indicare ai clienti che nelle immediate vicinanze avrebbero trovato un bordello). Sotto forma di statue lignee o addirittura di ciondoli in legno appesi al collo dei bambini con tanto di campanello.
Insomma, mentre per tanti il fallo così riprodotto, rappresentava un elemento di scandalo, tanto da essere inizialmente censurato quando furono effettuati i primi ritrovamenti.
Per i Pompeiani, invece, era un simbolo di buon auspicio e di prosperità.
Il fallo veniva riprodotto in formato enorme, talvolta smisurato e addirittura dotato di ali, definito come fallo alato. Proprio per sottolineare la sua connotazione positiva e protettrice contro gli spiriti del male e capace di proteggere case e persone.
Come il famoso dipinto di Priapo, ritrovato sullo stipite della porta d’ingresso della casa dei Vettii e successivamente anche in una casa di Via del Vesuvio, intento a pesare il suo enorme fallo su un piatto di una bilancia.
Il fallo così raffigurato per i Pompeiani, era ritenuto simbolo di origine della vita ed utilizzato dagli antichi Romani per augurare fertilità, benessere, buon commercio e ricchezza.
Veniva utilizzato persino sul tripode, un antico recipiente a tre piedi che si poneva sul fuoco per scaldare l’acqua. Come quello oggi conservato nel Museo Archeologico di Napoli, che raffigura i corpi completamente nudi di tre giovani e bellissimi fauni. Che mostrano con sicurezza il proprio fallo, tendendo in avanti la mano sinistra aperta, proprio a voler sottolineare di essere fieri della propria virilità.
O come quello riprodotto sulle varie sculture in bronzo ritrovate durante gli scavi archeologici. Tra queste compare anche la scultura del dio Mercurio, protettore delle attività mercantili. Si tratta in realtà di un tintinnabulum, ossia di un sonaglio, che veniva probabilmente appeso all’uscio di un’abitazione o davanti a un negozio assieme ad una lampada, contro il malocchio.
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